La Sardegna è una delle regioni italiane più colpite dagli effetti della crisi sanitaria nel biennio 2020-2021_ con una flessione del -5,9% il Pil prevista per il 2021 rispetto al periodo pre-pandemico) l’isola si colloca agli ultimi posti alle spalle soltanto di Valle d’Aosta, Trentino Alto-Adige e Calabria.

Lo si evince dall’ultimo dossier del centro studi della Cna Sardegna che analizza lo stato dell’economia regionale nel biennio pandemico. Dopo aver chiuso il 2020 con un pesantissimo -9,6% -peggiore del dato nazionale (- 8,9%) e di quello del Mezzogiorno (-8,6%) -, l’economia regionale è stata connotata nel 2021 da una buona ripresa del settore turistico, seppur con le difficoltà legate alla questione dei trasporti, da una ripresa del settore delle costruzioni e dell’export petrolifero.

Secondo l’analisi dell’associazione artigiana quest’anno il Pil regionale dovrebbe registrare una crescita superiore a quella media delle regioni del Mezzogiorno, ma al contempo ben lontana da quanto atteso per il Pil nazionale. Nell’ipotesi di un fine anno senza chiusure eccezionali, la Cna stima infatti una crescita regionale che faticherà a superare il +4% (+3,5% la stima per il Mezzogiorno), contro una crescita nazionale fissata al +6,7%.
Tra gli elementi di criticità del sistema economico sardo ci sono, secondo l’organizzazione di categoria, la debolezza del tessuto produttivo e la scarsa capacità di autofinanziamento delle imprese: a giugno 2021 il tasso di interesse medio pagato dalla PMI è stato il più elevato tra le regioni italiane. Inoltre la struttura del mercato del lavoro regionale è caratterizzata da una elevata quota di precari (18,5%) e da alti livelli di disoccupazione giovanile (18,8% nelle classi di età 24-34 anni).
Tra gli altri fattori di debolezza il fatto che la Sardegna è la quarta regione per incidenza del turismo sull’occupazione e la terza per incidenza del turismo sul valore aggiunto. Inoltre le esportazioni, rappresentate per oltre l’80% da prodotti petroliferi raffinati, contribuiscono molto meno della media nazionale alla formazione di ricchezza della Sardegna: 18,5% contro il 26% medio nazionale. Poi ancora l’elevato livello delle importazioni determina un eccessivo contributo estero alla formazione del reddito regionale e rende l’economia sarda più vulnerabile.

“Per non pregiudicare ma irrobustire e consolidare la crescita economica e affrontare con un po’ di speranza il 2022 diventa fondamentale intervenire tempestivamente per limitare i danni e garantire la tenuta delle decine di migliaia di piccole e medie attività economiche messe in ginocchio dalla crisi sanitaria – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale dell’associazione -. La possibilità offerta dal PNRR e dai Fondi Strutturali Europei offre l’occasione storica per superare le criticità strutturali dell’economia isolana: la Regione apra il confronto con le forze sociali per definire un programma di allocazione delle risorse su progetti capaci di produrre ricadute nel medio lungo periodo”.

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