ll referendum sulla giustizia è stato un errore? C’è chi sostiene che i cinque quesiti presentati agli elettori erano troppo tecnici e difficilmente comprensibili per chi non è del settore. In effetti, valutare i meccanismi degli organi legislativi non è cosa da poco, e la natura abrogativa del referendum in questione – che avrebbe permesso di modificare alcune parti della nostra Costituzione – ha forse spinto tanti italiani a non presentarsi alle urne.

Anche in Sardegna, non è stato da meno, con la città di Cagliari che ha raggiunto poco più dell’otto per cento delle preferenze. Un risultato che fa riflettere e ha portato a nuove proposte sul dibattito pubblico e in particolare la democrazia diretta. Ne ha scritto sul suo profilo Facebook anche il vicepresidente di Farmacia Politica e socio di Reset UniCa, Francesco Piseddu: “La democrazia diretta portata avanti con i referendum non sta funzionando. È, oggi, sotto gli occhi di chiunque”.

“Continuo a credere – spiega Piseddu – che la via maestra siano le assemblee di cittadine e di cittadini, dove si studia un singolo tema sotto tutti i punti di vista, con l’intervento di tutte le parti in causa, per proporre soluzioni concrete. Ha già avuto successo in molte città europee, e persino con la Conferenza sul Futuro dell’Europa. Come si è potuto pensare che cinque quesiti ultra-tecnici, già oggetto di dibattito nella riforma Cartabia, portati avanti da un gruppo sparuto di Parlamentari della Lega senza aver nemmeno raggiunto le firme minime della popolazione potesse superare il quorum?”.

“La gente avrà anche il dovere di informarsi – conclude Piseddu – ma se non esiste un sistema solido di informazione e formazione per far capire alla cittadinanza le ragioni reali del Sì e del No, è un fallimento su tutta la linea”.

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