Manca meno di un mese alle prossime elezioni politiche del 25 settembre. Una campagna elettorale che si sta giocando soprattutto sui social a colpi di hashstag, meme e reel. Chi più, chi meno, si è lanciato anima e corpo in una sfida nuovissima – e a tratti un po’ cringe – per conquistare il voto degli elettori più giovani. Una fetta importante, disillusa sì, ma non qualunquista, secondo quanto emerso dall’analisi di Swg per Italian Tech, il content hub del gruppo Gedi.

C’è chi, veterano della vecchia cara tv, prova un appello ai “telespettatori” in versione TikTok, chi tenta un aut-aut tra carbonara con pancetta o guanciale, e chi ancora segue la strada dei selfie con i fan.

Dietro, c’è un mondo. Fatto di social media manager, content creator e data analyst, alle prese con leader politici non troppo avvezzi ai canali preferiti dalle nuove generazioni, in un ballo tra tradizione e innovazione, che a volte riesce a volte meno.

Tra questi c’è anche Valentina Tonutti, con il Friuli nel sangue e le scarpets ai piedi, che di mestiere fa la social media strategist freelance per media, editoria e politica.

Quanto sono importanti i social in questa campagna elettorale?

Credo che la presenza online sia importante tanto quanto la presenza offline. O meglio, l’impegno che i politici dovrebbero investire sulla presenza online e sulla presenza offline dovrebbe essere equilibrato, perché hanno due pesi e due misure diversi che si intersecano tra loro. Sono fermamente convinta che una presenza social possa essere efficace, tecnicamente perfetta quanto vogliamo, ma se nei contenuti social non emerge un messaggio politico efficace, forte e coerente, un ‘bel post’ non serve a niente.

I numeri dicono che Giuseppe Conte è quello che sta lavorando meglio. Quanti voti riuscirà a spostare in suo favore?

Dipende, i numeri contano sempre ma devono essere contestualizzati. Secondo me, su tutti, Matteo Salvini è quello che sta lavorando meglio su TikTok: è stato uno dei primi ad aprire il profilo (l’early adopter effect non è da sottovalutare), sfrutta gli strumenti della piattaforma, dialoga con l’audience in diretta, è abituato a fare video con la camera frontale del telefono, ecc. Come scriveva Viola Stefanello in un articolo sul Post: ‘Salvini fa Salvini’. E ha la base follower più ampia con oltre 500mila follower.

Se invece parliamo di rapidità di crescita sì, Giuseppe Conte con dei video tecnicamente molto precisi è riuscito a scalare la piattaforma in breve tempo.

Credo sia molto difficile prevedere quanti voti spostano i social media. Se guardiamo al passato con il Movimento 5 Stelle hanno funzionato, ma non si è trattato solo di saper usare bene le piattaforme. Si è trattato di una strategia politica e di comunicazione capillare, studiata nei minimi dettagli e la cui responsabilità di successo non può essere attribuita solo ai social. Un follow non equivale a un voto, sarebbe troppo facile. I social devono essere usati per avere un impatto a lungo termine, che poi, in ultimo, può portare a un voto.

Cosa ne pensi della campagna comunicativa dei partiti? Hanno fatto discutere quelle di Pd e Lega, che hanno catalizzato il mese di agosto. Cosa servirà ora?

La campagna comunicativa dei partiti è debole tanto quanto è debole la definizione di partito nel 2022. Le campagne dei partiti, ad esempio ‘Scegli’ e ‘Credo’ sono state improntate sui leader, Letta e Salvini. La prima sui social si è rivelata controproducente. Nonostante se ne sia parlato, sia stata sotto i riflettori, siano stati prodotti meme, ancora una volta il messaggio non è arrivato. E per di più ne ha fatto le spese il segretario Enrico Letta perché ad andare virale non è stato un contenuto pubblicato dai canali del PD, ma il tweet pubblicato dall’account di Letta. Comunicare ‘in negativo’, dire cosa ‘non è il PD’, non può funzionare. Le persone hanno bisogno di sentirsi rappresentate, non di sapere cosa non sono. ‘Credo’, la campagna della Lega, è un megafono di Salvini. Niente di più niente di meno. Già dall’uso della prima persona singolare è lui in primo piano.

È la prima campagna su TikTok. Eppure nessuno dei principali politici in Italia sembra aver capito come funziona. Perché secondo te?

Molti esponenti non hanno ancora capito come funziona TikTok perché pensano soprattutto a mostrarsi, a esserci e basta. Non si impegnano a capire le necessità di chi li sta guardando, che nel caso di TikTok è un pubblico preciso e attento, nonostante si pensi il contrario. Superficialità e vanagloria non funzionano su TikTok. Non funzionano per un brand, per un’azienda e neanche per i politici.

Finiamo con la tv: quanto peserà la presenza costante dei vari candidati?

La tv ha ancora il suo peso specifico, ma si tratta di due canali di comunicazione ovviamente molto diversi. Credo che il mezzo televisivo e quello social possano alimentarsi a vicenda: a volte la tv può essere un contenuto succoso per i social. Ad esempio su TikTok possono diventare virali ed essere apprezzate delle clip televisive anche se chi sta guardando quel video non conosce per niente il programma dalle quali sono tratte. Dall’altra parte un contenuto virale sui social può finire per essere citato sui social.

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