In vista delle elezioni Politiche del 25 settembre 2022, Cagliaripad dà spazio ai candidati ai collegi uninominali di Cagliari e del Sud Sardegna. In questo caso abbiamo fatto tre domande ad Sabrina Licheri, candidata del Movimento 5 Stelle al Senato.

Ex sindaca di Assemini, la Licheri ha espresso ai nostri microfoni le sue proposte per il futuro della Sardegna.

Nel corso dei prossimi mesi, la Sardegna riceverà molti soldi dal PNRR. Come si possono utilizzare al meglio, quali sono i punti di intervento necessari?

Sicuramente non modificandone gli scopi e le finalità come vorrebbe fare il centro destra. Detto questo, due i punti più urgenti a mio avviso e vanno nella stessa direzione, quella di rafforzare la capacità amministrativa dei Comuni e della Città Metropolitana. Attorno al 30% percento delle risorse del PNRR sono in capo ai Comuni, una somma enorme, ma la capacità amministrativa intesa come dotazione di organico e formazione specifica sono rimaste pressoché invariate.

Col paradosso che per i comuni meno strutturati, o sottodimensionati (la maggior parte) il problema non sono le risorse economiche ma la capacità di intercettare i bandi, predisporre i progetti, gestire gli appalti. In primo luogo, è necessario che il governo metta a disposizione degli enti locali più professionisti, progettisti, esperti di appalti. I concorsi Brunetta si sono rivelati un fallimento. Deve essere attivata una forma di assistenza tecnica che supporti anche i comuni più piccoli e meno attrezzati. In secondo luogo la Regione Sardegna deve prevedere un supporto, anche dislocando a livello territoriale parte degli esperti della selezione “1000 esperti PNRR” che invece mi risulta al momento siano totalmente al servizio dell’amministrazione regionale.

Abbiamo un grande patrimonio archeologico e storico che potrebbe contribuire a lanciare l’immagine dell’isola a livello internazionale. Cosa può fare il nuovo Governo per aiutare la Sardegna a valorizzarlo?

Pianificare e investire. Una ricetta semplice, arcinota, quasi sempre disattesa. Il nuovo governo dovrebbe prima di tutto dotarsi di una ‘Strategia per la Cultura’ che guardi davvero al futuro basata su tre pilastri: adattamento all’impatto dei cambiamenti climatici sul paesaggio e sul patrimonio archeologico, soprattutto quello costiero maggiormente soggetto agli effetti del cambiamento climatico e dell’erosione costiera perché se non tuteliamo il nostro patrimonio, non avremo più nulla da valorizzare. Seconda cosa investire in infrastrutture digitali, indispensabili per lo sviluppo di qualsiasi industria, e indispensabile per la fruizione di qualsiasi sito culturale.

E’ inutile parlare di valorizzazione del patrimonio culturale, se ci sono siti ancora non serviti dalla banda larga o addirittura privi di connessione internet. Per ultimo, investire su competenze, tutele per i lavoratori del settore culturale (contrasto al precariato e al riconoscimento di salari giusti), e soprattutto aumento degli organici attraverso un piano pubblico di assunzioni per superare il sottodimensionamento del ministero dei beni culturali e delle soprintendenze. Questo significa pianificare e investire risorse. In quest’ottica le assunzioni sono investimenti, non spesa corrente.

Quale sarà il suo primo atto concreto per l’isola in caso di elezione?

Farmi accompagnare all’insediamento del Senato dai lavoratori di Macchiareddu, per richiedere subito, insieme a loro, che Macchiareddu e Porto Canale siano finalmente e concretamente trattate con l’attenzione che meritano; voglio un futuro industriale vero per il sud Sardegna, area industriale più grande della Sardegna. Sono convinta, e come me molte aziende e sindacati, che la questione di Macchiareddu meriti di essere affrontata in maniera globale, come un distretto, perché ha caratteristiche e problemi comuni (energia, trasporti, costo del lavoro) che possono essere gestiti efficacemente soltanto con soluzioni generali e con il coinvolgimento effettivo e concreto di tutti i soggetti interessati: imprese, sindacati, Comuni, Regione, sotto la regia dello Stato. Lo Stato ha gli strumenti finanziari e normativi per fare questo e lo fa già in tante altre aree industriali (contratti istituzionali di sviluppo, accordi di programma, e altri).

E la Regione può e deve fare la sua parte. Finora è mancata. L’auspicio è che il mio interlocutore al MISE sia Alessandra Todde che di sviluppo economico e industria si è occupata come pochi nel governo Conte II e nel governo Draghi. In quel caso non avrei da convincerla.

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