Non tutti gli influencer son giornalisti, e non tutti i giornalisti sono influencer. Le due professioni però negli ultimi anni si osservano e si studiano reciprocamente, seppur ancora da lontano, perché in fin dei conti qualcosa in comune ce l’hanno. Una fra tutte: la presenza sul web e sulle piattaforme social che sono diventate ormai fondamentali per entrambe le attività.

Il punto è che, vuoi per l’istinto di sopravvivenza che ricerca sempre più i like e le visualizzazioni ‘mordi e fuggi’ rispetto agli approfondimenti, vuoi per una certa voglia di emergere su tutti nell’oceano infinito di contenuti online, sta di fatto che i giornalisti vengono confusi sempre più spesso con gli influencer e viceversa.

C’è però una fondamentale differenza. “Il giornalista è un operatore dell’informazione iscritto a un Ordine professionale e ha come suo punto di forza l’oggettività di ciò che scrive e la verifica accurata delle fonti” spiega il professionista Sergio Nuvoli, nuovo di nomina alla presidenza del Corecom Sardegna e da anni a lavoro sull’informazione sia come ufficio stampa dell’Università di Cagliari sia come vicepresidente nazionale del Gus (Gruppo giornalisti uffici stampa). Lo stesso da poco ha postato sui suoi social un’evidente provocazione, prendendo spunto da un episodio che l’ha coinvolto in prima persona: qualche tempo fa, all’ingresso di un convegno, ha notato un cartellino che recitava “Giornalisti e influencer”. Un po’ come se le due professioni venissero sovrapposte. Ma così non è. “Noi come giornalisti – continua Nuvoli – siamo tenuti a una deontologia professionale, il codice etico che hanno diverse categorie professionali. Se un giornalista scrive il falso, l’utente ha una forma di garanzia, che è costituita dall’Ordine dei giornalisti. Ciò significa che qualunque cittadino può fare una segnalazione per dire che un determinato giornalista racconta cose non vere”. Con tutte le riserve del caso, s’intende.

Il punto è che con l’avvento del web, la figura del giornalista si è andata trasformandosi in una sorta di ibrido tra comunicatore e informatore. È il caso del blogger, nato e diffusosi negli anni duemila come “alternativa” alle fonti ufficiali di notizie. Lo è stato per la prima volta con il crollo delle Torri Gemelle, nel 2001, quando quelli che oggi vengono chiamati “instant video” pubblicati dai giornalisti che tenevano un blog – molto di moda all’epoca – hanno superato di gran lunga, in termini di attenzione e coinvolgimento degli utenti online, i siti di informazione tradizionale, Bbc compresa. Se lo ricorda anche Nuvoli che, per età anagrafica, ha vissuto i grandi cambiamenti della professione a cavallo tra web 1.0 e 2.0. “Il blogger, che spesso è un giornalista – dice il professionista -, è una figura che si avvicina a quella di un professionista, che costruisce la sua credibilità nei confronti del suo pubblico. Quindi l’oggettività e il controllo delle fonti al blogger, che può anche non essere un giornalista, a un certo punto convengono”. “Sono tanti – prosegue Nuvoli – i nostri colleghi che hanno aperto un blog e lo utilizzano per pubblicare notizie o trattare approfonditamente di un certo tema”.

Oggi però c’è una terza figura che si aggiunge nel panorama dei professionisti online. È quella dell’influencer. “È una figura ancora diversa rispetto alle prime due – spiega Nuvoli – Intendiamoci, io ho il massimo rispetto per gli influencer che in tanti casi creano dei contenuti eccezionali. La potremmo definire come un personaggio popolare nella Rete che non solo racconta fatti e documenta, ma soprattutto esprime una sua visione del mondo e imprime il suo stile di vita e il suo pensiero attraverso gli strumenti forniti dalla Rete”. In altre parole, prosegue Nuvoli, sono degli “utenti consapevoli”, in grado di formare le opinioni dei propri follower. “Poi il fenomeno è molto più vasto rispetto ai big che emergono – precisa il professionista – Anche in Sardegna ci sono una serie di influencer grandi, medi e piccoli, che ogni giorno postano contenuti sulla Rete e rappresentano un fenomeno molto interessante”.

Stando sul focus del dibattito, “la fondamentale differenza con i giornalisti – prosegue Nuvoli – è che tra gli obiettivi principali dell’influencer c’è anche fare pubblicità, cosa che i giornalisti non possono fare”.

Va da sé che le inserzioni pubblicitarie, che prima la facevano da padrona sui siti tradizionali di informazione, oggi trovano terreno fertile nei nuovi canali social gestiti da influencer – TikTok in primis – che garantiscono una maggiore viralità, quindi maggiori introiti. Se n’è accorto anche il colosso Facebook che soltanto qualche giorno fa ha annunciato un drastico taglio dei professionisti delle notizie che gestiscono la piattaforma Facebook News.

Una battaglia persa, allora? “È responsabilità dei giornalisti entrare nel mondo dei social, non diventare necessariamente degli influencer ma in qualche modo garantire un’autorevolezza e una reputazione alle piattaforme social che ci vengono affidate”, dice Nuvoli. “Fino a cinque sei anni fa una parte della categoria dei giornalisti in qualche modo demonizzava l’utilizzo dei social – aggiunge -. Oggi il mondo è cambiato e sta cambiando, perché se le persone si informano con questi nuovi strumenti, i giornalisti devono essere lì dentro e devono essere in grado di utilizzarli con competenza e professionalità”. Per dirla con uno slogan: “Se un profilo social è gestito da un giornalista si deve vedere la differenza”, conclude Nuvoli.

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