La Sardegna è maglia nera per nascita di nuove imprese. Sono i dati di Confesercenti che registrano 469 nuove attività nel 2022, il 33,2% in meno rispetto all’anno precedente.

È il risultato peggiore d’Italia. I numeri, infatti, non sono sufficienti a compensare la chiusura di 1500 imprese, più di 2,7 al giorno.

Se il numero delle chiusure è in linea con quello rilevato negli anni precedenti alla pandemia, quello delle aperture del 2022 è il più basso degli ultimi dieci anni, inferiore dell’oltre 40% al valore del 2012. Seguono Piemonte (-29,3%) e Umbria (-27,3%).

Il trend negativo riguarda l’intera Isola. In termini assoluti, a registrare la perdita più rilevante è la provincia di Cagliari con un saldo negativo di -277 negozi, seguita da Sassari con -141 unità.

In termini relativi, però, la perdita peggiore è quella registrata nella provincia di Nuoro, dove il calo percentuale delle imprese al dettaglio, rispetto al 2021, è dell’1,17%. Seguono la provincia di Cagliari (-0,93%) e Oristano (-0,77%). Danni minori si son registrati in provincia di Sassari che fa segna un -0,68%.

Precisamente, è il numero di negozi di vicinato al servizio della comunità ad essere calato del -12,7% circa (- 3.634 imprese) rispetto a dieci anni fa. Nonostante ciò la Sardegna resta ai primi posti tra le regioni italiane per numero di negozi ogni 1000 abitanti (14,4), superata solo dalle regioni del sud Italia: Sicilia, Calabria, Puglia e Campania.

“Non c’è stato purtroppo uno slancio positivo dopo la pandemia per piccole imprese del commercio al dettaglio, ci riferiamo alle aziende di cui alla divisione G47 del registro delle imprese – spiega all’Ansa Gian Battista Piana, direttore regionale Confesercenti I grandi gruppi e l’online continuano a farla da padroni ed è sempre più difficile anche solo pensare di poter aprire nuove attività. In tanti rinunciano a priori e i dati lo dimostrano chiaramente”.

“Sono tanti i potenziali imprenditori che rinunciano ad aprire una nuova attività e i dati parlano chiaro – aggiunge Roberto Bolognese, presidente di Confesercenti Il rischio più grande è che si cancelli in pochi anni il pluralismo del sistema distributivo e i servizi per i cittadini: e la cosa è ancora più tragica quando proprio la pandemia ha dimostrato il valore e l’importanza della rete dei piccoli negozi – dagli alimentari alle edicole – soprattutto in territori, come i Comuni sardi, dove spesso per poter raggiungere la grande distribuzione ci si deve spostare nei comuni più grandi o nei capoluoghi”.

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