I profili e le pagine social, dei maggiori e più autorevoli artisti figurativi contemporanei isolani, commentano freneticamente la notizia, della Scultura invisibile dell’artista originario di Santa Giusta Salvatore Garau, dal titolo “Io sono”. Battuta all’asta da Art-rite per 15000 euro, l’opera è da collocare in un’abitazione privata, entro uno spazio libero da qualsiasi ingombro, dalle dimensioni di circa 150 x 150 centimetri.

 

Ovviamente nell’unica isola occidentale, che può vantare una città metropolitana priva di pubblica alta formazione artistica, l’arte la si comprende soltanto se letta in chiave didattica, ragion per cui, ho deciso di dialogare direttamente con l’artista, per comprendere meglio la dinamica dell’operazione e alfabetizzarci tutti insieme. Dimenticavo: l’Accademia di Belle Arti Salvatore Garau l’ha frequentata a Firenze (a Cagliari sappiamo che non c’è mai stata o forse è da sempre invisibile come la sua Scultura), buona lettura.

Mimmo: Salvatore, sta facendo molto discutere tra gli artisti più che tra i collezionisti, la vendita all’asta di una tua scultura immateriale per 15000 euro.  Ti si accusa di non avere venduto niente, anche in termini di progettualità creativa la tua azione la si squalifica come datata citando De Dominicis, Klein, Manzoni, Duchamp… Ti faccio la domanda secca: non hai venduto niente? Salvatore Garau: Una premessa. Sono davvero rammaricato per aver fatto incazzare gli artisti sardi, (in realtà credo, spero, solo alcuni) la prossima volta farò un sondaggio tra loro per verificare che l’opera che sto per realizzare non li turbi. Chiedo scusa.

Ma più che l’opera, mi sembra abbia turbato la cifra che, per essere precisini, non è 15,000 ma 14,820, per cui molto meno, e già questo spero possa contribuire a calmare il… come lo possiamo definire, fastidio? Antiche scorie incise nel DNA dei sardi? Ma no, però vorrei capire perché questo casino non sia nato quando ho esposto la scultura in Piazza della Scala, ma solo quando si è parlato di soldi. Mistero. Riguardo ai quattro artisti che hai citato (troppo onore essere accostato non a uno ma addirittura a quattro!) aggiungerei Cattelan con la sua denuncia per il furto di un’opera invisibile, (l’opera in realtà non è quella invisibile scomparsa ma il foglio tangibile della denuncia ai carabinieri). Comunque a essere onesti mancherebbe all’elenco anche Kosuth e molti altri. Scusa Mimmo ma vorrei capire.

Secondo gli artisti che mi accusano (soprattutto sardi) avrei, diciamo pure, copiato il lavoro dei quattro artisti citati? Ma copiati come? uno per volta o tutti e quattro contemporaneamente? In questo caso davvero mi definirei un genio. Oppure sta a vedere che già ai tempi, i sempre citati artisti si sono copiati a vicenda? Ammesso non abbiano a loro volta copiato dal cinema o dalla letteratura! .Insomma, abbiamo fatto un’ importante scoperta: gli artisti che approcciavano o sfioravano il tema dell’invisibile non avevano una personalità propria, indipendente e hanno realizzato tutti la medesima opera! E io, a questo punto, con la mia scultura immateriale, sto rifacendo la stessa loro unica opera! Insomma, se oggi decido di scolpire una scultura sul marmo di Carrara, verrei accusato di ripetere la scultura di un altro artista che usa lo stesso materiale? Accidenti, vuol dire che da domani smetteremo tutti di dipingere, scolpire e, soprattutto, pensare. Peccato, era anche bello. Rispetto alla tua domanda secca: Sì, ho venduto un niente colmo del tutto. Lo dimostra la vitalità che la mia opera ha generato. Eppure non sono stato così originale. C’è già troppo di niente che viene venduto spacciato per qualcosa, e nessuno ci fa caso.

Mimmo: Un aspetto interessante e inedito, che rende il tuo lavoro contemporaneo nella dinamica dialettica, è la presa di distanza dal mercato dei NFT. insomma il tuo lavoro vive nella sua immaterialità in uno spazio a tre dimensioni, il che lo rende vivo e palpabile in un mondo sempre più a due dimensioni, mi sbaglio? Salvatore Garau: Hai fatto una domanda dandoti la risposta (bellissima). Sì, il mercato degli NFT non mi interessa per tante ragioni. La prima è che presto tutti si butteranno a capofitto su questo mercato, attirati da quello che sembra un veloce e facile guadagno (e non sarà cosi se non per i primi!). La seconda è che si tratta solo un pozzo dove chi ha milioni di dollari li butta sperando (spinti dalla moda) di investire senza porsi troppe domande su cosa stiano acquistando e senza l’impegno e soprattutto la fatica di capire l’arte. Si parla degli NFT solo in funzione del loro valore “E’ stato venduto a 2 o a 3 milioni di dollari” ma mai (mai!) ho sentito parlare della qualità dell’opera (che poi in sostanza non è altro che una foto in JPG).

Ma questa sarà comunque una strada che è giusto venga percorsa, gli artisti devono fare quello che vogliono per diffondere il proprio lavoro. Ma è solo una strada, non l’unica nell’arte del futuro, come si insiste a far credere per convincere il mercato e gli artisti in questo momento assenti dalla scena. Inoltre, essendo un sistema che causa un forte impatto ambientale, ancora meno mi interessa. Lascio il campo libero agli altri. Ognuno segua la propria etica. Hai detto bene; la mia opera, pur essendo immateriale vive nello spazio, respira il respiro di chi vi si avvicina, e, come per esempio “Io sono” l’opera dell’asta, ha bisogno di aria e di un luogo, un punto dove indirizzare la nostra fantasia, anche solo per pochi minuti. Che sia un breve momento di concentrazione con se stessi. Insomma, niente a che fare col mondo bidimensionale dello schermo (e degli NFT) davanti al quale ormai viviamo gran parte della nostra vita; è una noia infinita, da suicidio.

Mimmo: Esiste una relazione tra lo spazio che determini con la tua Scultura immateriale e l’attuale emergenza pandemica? Una lettura del tuo lavoro sociale, politica e scientifica, andando oltre le dinamiche del sensazionalismo di mercato, a uso e consumo del collezionista, è possibile? Salvatore Garau: Cerco di sintetizzare ma è meglio partire dall’inizio. L’idea dell’invisibile è già presente da anni nella mia pittura (almeno questa spero non faccia incazzare gli artisti). Già dai neri della metà degli anni ottanta e poi nel 1997 con le “Poesie che attraversano il paesaggio” (in catalogo un bellissimo testo di Ivo Fenu) vive l’idea che siamo circondati da informazioni invisibili, onde radio, elettromagnetiche e pensieri (sul paesaggio nero di quelle tele si stende una fitta rete di sottili linee argentate a indicare le onde che ci circondano, da ,me definite poesie). Ecco, è pittura, ma è già presente il concetto dell’invisibile che ci domina (ci comanda) e che non percepiamo. Sono solo alcuni esempi che testimoniano il mio amore visionario per l’invisibile.

Potrei dire a chi mi accusa di plagio di non rompermi i coglioni, ma siccome sono una persona educata non lo dico e propongo solo di informarsi sui quarant’anni del mio lavoro precedente, magari sul mio canale YouTube o su Instagram, (tranquilli pubblico l’essenziale) così, tanto per farsi un’idea. Salto un lungo ma importante periodo e arriviamo a quattro anni fa, quando a Oristano, sulla rotonda di piazza Manno è stata montata in orizzontale che guarda il cielo, una ceramica realizzata dall’Istituto d’arte sopra il rialzo centrale, in modo tale che non si potesse vedere se non da un pullman o da un elicottero. Ho trovato l’idea folle ma, stravolta, dal mio punto di vista diventava geniale; a questo punto avrei potuto installarvi sopra anche una scultura invisibile. Pur essendo a conoscenza dell’opera di coloro che si sono avventurati in forme diversissime nel mondo dell’arte concettuale, il primo pensiero è stato “ma chi se ne frega dei palloncini col fiato d’artista di Manzoni (Haia! copiato dall’ampolla con l’aria di Parigi di Duchamp?) o di De Dominicis ecc…” altro linguaggio il loro, inoltre questo è uno spazio pubblico (e non una comoda galleria deputata all’arte contemporanea). Poi come spesso mi accade, metto in cantiere l’idea e aspetto. La pandemia è stata un’illuminazione; l’assenza che ci ha dominato per mesi, ecco la materia della mia scultura! Così la prima installazione è nata a Oristano, (ancora si può vedere) poi a Milano e ne seguiranno alcune altre nel mondo sempre in spazi pubblici.

A questo punto, soprattutto a Milano, l’opera ha preso un forte connotato incollato al momento storico che stiamo vivendo. Il nulla, il vuoto che ci ha condizionato per mesi è uno dei temi di queste opere immateriali, ma non il solo. Infatti, grazie ai grandi scienziati e matematici, documentandomi ho colto gli elementi principali che hanno dato un “peso” anche scientifico alla mia idea: il vuoto non esiste, non solo, dal vuoto è nato l’universo e quindi noi. Insomma, stavolta non ho usato l’olio su tela o il ferro, ma l’eterea materia che ci circonda e ci ha creato. È vero, a pensarci bene è tutto molto semplice.

di Mimmo Di Caterino