In quest’isola, l’unica in Occidente, con una città metropolitana priva di pubblica Alta Formazione Artistica, sensibilizzare sull’utilizzo dell’arte contemporanea, come strumento di progressione culturale, sociale ed economico, volto al futuro, è istanza prioritaria.

A Oristano, in Piazza Manno, in una modalità che appare clandestina, alle 21 puntuale ogni sera, fino alle 24, s’illumina un chiosco animato un tempo da studenti delle Medie in cerca di penne, matite, quaderni e libri, quel chiosco è diventata una piazza di spaccio di processi artistici contemporanei. Dietro questa azione ci sono due artisti residenti nell’isola, uno è non sardo, nel senso che come non è nato sull’isola, un sardo per scelta, un docente come me di Discipline Plastiche, che da qualche anno vive nell’isola, e che, come me, un’Accademia di Belle Arti, nella città metropolitana dalla quale proviene, ha potuto frequentarla, parlo di Lele Sgambati, artista di caratura internazionale, che ha frequentato come me l’Accademia di Belle Arti di Napoli (il padre Ninì Sgambati negli anni novanta, con Franz Iandolo, rivoltava il concetto di pittura e di Accademia, introducendo didatticamente l’idea della “quarta pittura”, la pittura che vive e muta la vita degli spazi, insomma genoma da rivoluzionario).

Di mese in mese, in questa piazza di spaccio dell’arte e della cultura contemporanea, ruoteranno artisti che risiedono nell’isola, che nessuno conosce, schiacciati e annientati da dibattiti locali e potentati, che vogliono l’arte sarda confinata e limitata dalle sue stesse etichette culturali a dimensione turista. Lele Sgambati mi racconta che di questo progetto dovrei farne parte anche io. L’azione curatoriale e artivistica dei due artisti rappresenta bene, come nella realtà quest’isola sia sempre attraversata da contaminazioni linguistiche e culturali, solo un certo collezionismo indipendentista e isolano si ostina a leggere l’arte e la cultura isolane come sardo centriche. L’alfabetizzazione artistica di questo territorio, la si continua a fare passare, per eroici artisti, provenienti dall’altrove, che alfabetizzano un territorio sempre in ritardo.

In fondo basterebbe poco a sprovincializzare l’isola, piccole cose: fare si che Cagliari città metropolitana abbia una sua Alta Formazione Artistica residente, rendendo di pari dignità il dialogo tra gli artisti isolani e l’altrove, e facendo sentire gli artisti Cagliaritani un poco più sassaresi (o sardi), e una mappatura istituizionale e regionale degli artisti residenti in quest’isola dove l’arte pare avere memoria breve.

di Mimmo Di Caterino