Sono 370mila le firme raccolte finora dal Comitato promotore del referendum sull’eutanasia legale lanciato dall’Associazione Luca Coscioni. Di queste circa 10mila sono quelle raccolte in Sardegna, la metà delle quali a Cagliari.

Proprio il capoluogo – ha spiegato questa mattina in un intervento tenuto in piazza Yenne Marco Cappato, ex deputato europeo e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni – è stata una delle città italiane che stanno dando il maggiore contributo alla raccolta che si concluderà il prossimo 30 settembre.

Obiettivo del comitato è quello di raggiungere le 500mila firme necessarie a proporre il referendum per depenalizzare il cosiddetto omicidio del consenziente, fattispecie penale prevista dall’articolo 579 del codice penale che impedisce, ovviamente in specifiche e definite situazioni, l’aiuto attivo a morire, aprendo la strada a una regolamentazione di questi casi sul modello dell’Olanda, del Belgio o della Spagna.

Marco Cappato e Alessandra Pisu

“Sul fine vita manca ancora in Italia una legge che legalizzi l’aiuto medico alla morte volontaria per i pazienti in gravissime situazioni di sofferenza che allo stato attuale non sono liberi di scegliere come morire”, spiega Alessandra Pisu, docente universitaria cagliaritana che presiede l’associazione Walter Piludu. Politico e militante, prima che paziente di sclerosi laterale amiotrofica, Piludu seppe trasformare la sua drammatica sofferenza in un grande impegno civile che – dopo una lunga battaglia giudiziaria – lo portò, nel 2016, ad esercitare liberamente il diritto di interrompere la ventilazione polmonare previa sedazione.

La depenalizzazione dell’articolo 579 del codice penale è infatti soltanto l’ultimo tassello della ingarbugliata regolamentazione giuridica del cosiddetto “fine vita”.

Il primo tassello è stata l’emanazione della legge 219 del 2017 che – appunto dopo la battaglia giudiziaria di Walter Piludu – ha regolamentato la possibilità per i pazienti terminali di interrompere un trattamento sanitario in corso. Ulteriore passo avanti è stata la recente sentenza della Corte Costituzionale che, interpellata in seguito al drammatico caso del Dj Fabo, il giovane che qualche anno fa lo stesso Marco Cappato aveva accompagnato in una clinica svizzera a suicidarsi, ha stabilito la sostanziale incostituzionalità del suicidio medicalmente assistito previsto dall’articolo 580 del codice penale.

L’ultimo tassello, secondo i proponenti del referendum, è appunto la possibilità di dare un fine vita dignitoso anche a tutti i pazienti terminali che, pur in condizioni gravi,  non hanno un trattamento di sostegno vitale in corso e dunque non rientrano nelle fattispecie permesse.

Sono questioni che interrogano. Dividono. Scuotono le anime. Ma che invece di dividere in nome di una fede o una ideologia (come spesso succede) dovrebbero unire. In nome di una comune umanità di fronte alla sofferenza. Per questo è bello ricordare il frate francescano che, qualche mese fa, davanti agli occhi sbigottiti dei militanti di un banchetto di Cagliari, ha chiesto con nonchalance di firmare per il referendum sull’eutanasia legale. I diritti civili si conquistano soprattutto così. Con amore e libertà.

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