Dopo due giorni di aspre polemiche riguardo la risposta del professore e storico medievista Alessandro Barbero in un’intervista per La Stampa, in cui si chiede – in sintesi – “Non è che le donne sono meno sicure e spavalde e quindi non arrivano ai posti di potere?”, arriva anche il commento della scrittrice Michela Murgia in un intervento a Radio Capital.

I conduttori, che presentano il tour italiano in dieci tappe “Morgana – L’uomo ricco sono io”, tratto dall’omonimo libro scritto dall’autrice sarda insieme a Chiara Tagliaferri, le chiedono cosa ne pensa di quel che ha affermato Barbero.

“Professor Barbero dice: ‘È giusto porsi questa domanda’. Sì era giusto porsela sessant’anni fa – risponde Murgia -, con la rivoluzione culturale degli anni ’60-’70 perché la risposta a quella domanda è stata data. Il fatto che lui non la sappia la dice lunga sul fatto che l’educazione e il riconoscimento della differenza di genere è assente”.

“La questione della differenza di genere e di potere tra i generi – spiega – è considerata un ambito di studi specialistico che dovrebbe far parte della cultura di tutti, compreso un accademico come professor Barbero. A me dispiace che gli stia cadendo addosso una shit storm della portata che stiamo vedendo, però è anche giusto tenersi pronto alle responsabilità delle cose che dice”.

Secondo la scrittrice, infatti, “è comprovatissimo che in un sistema patriarcale le donne vengano cresciute ed educate per essere meno assertive, meno aggressive, meno ambiziose, meno spavalde, meno competitive. Però il risultato non si chiama femminilità, si chiama patriarcato appunto. Dire che le donne non ce la fanno perché sono meno aggressive è come dire che le carceri americane sono piene di neri perché gli afro discendenti sono più portati alla criminalità”.

Certo, il percorso è lungo e il quesito posto da Barbero sta lì a dimostrarlo. “Non si cambia da un giorno all’altro – prosegue Murgia -, certamente non si cambia dando la colpa della discriminazione alle persone discriminate. È come la storia delle famose discipline scientifiche per cui le donne non sarebbero portate. Se tu continui a regalare le bambole alle bambine e il microscopio ai maschietti, stai strutturando gli interessi di una persona sin dall’infanzia in una direzione invece che in un’altra. Le ragazze non vengono educate alla leadership, quindi sono meno spavalde e meno aggressive perché c’è proprio una dimensione sociale che le vuole più remissivo, le vuole un passo indietro, le vuole ancillari”.

Il punto, quindi, dice la scrittrice, è che Barbero ha invertito causa ed effetto. “Dire alle ragazze siete meno spavalde e per questo non vi diamo ruoli di comando è invertire i fattori e cioè: poiché non vi vogliamo nei ruoli di comando, vi cresciamo meno spavalde. Le donne crescerebbero volentieri se i maschi si spostassero un pochino, diciamo”.

Si arriva poi alla fatidica questione delle “donne in politica”. “Basta con questa storia – commenta Murgia -, le donne non sono né migliori e né peggiori. Dopo Margaret Thatcher non mi sentirei più di dire che in politica sono meglio le donne. E nemmeno più gentili degli uomini. Vengono socialmente cresciute dentro un ruolo, alcune lo rispettano e altre no”. E poi si rivolge direttamente allo storico: “Ma provasse Barbero a vedere che cosa succede alle donne spavalde che non si pongono in maniera assertiva, qual è il prezzo sociale che bisogna pagare per esporsi e prendere delle posizioni tra virgolette maschili”. L’aggressività, inoltre, secondo Murgia non è per forza una modalità con cui esprimere la maschilità. “Quello che descrive Barbero – va avanti la scrittrice – è un mondo a misura di maschio alpha, anche molti maschi non ci rientrano dentro l’idea dell’aggressività, della competitività”.

“Voglio spezzare una lancia per Barbero – dice Murgia -. Sicuramente ha detto una cosa ignorante, e dico ignorante nel senso che ignora il fatto che ci siano decenni di studi che dimostrano perché le donne siano socialmente meno aggressive, ma quello che lui ha espresso è un pensiero assolutamente diffuso. Non è Barbero il problema, il problema è che Barbero esprime una mentalità. Certo, diciamo che dalla sua posizione autorevole di storico dispiace che abbia offerto a molti maschilisti da bar la possibilità di dire ‘l’ha detto anche Barbero’ “.

“Sapere che esistono delle discriminazioni – prosegue Murgia – dovrebbe essere come sapere che si attraversa una strada sulle strisce o che si paghi il biglietto quando si sale sull’autobus. Il razzismo non è che si insegna soltanto a chi si occupa di politiche antirazziali, si insegna a tutti che non bisogna essere razzisti. Per quale motivo non si insegna a tutti che esiste la discriminazione di genere e che le donne nella nostra società sono di fatto educate per essere il genere inferiore, che sta un passo indietro, e che poi viene ringraziato ai premi perché per carità lo dedico a mia moglie? Il punto è che nella frase ‘la grande donna dietro il grande uomo’, la parola chiave non è ‘grande’, è ‘dietro’ “.

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