Un anno fa ci lasciava a Roma Cecilia Mangini, la signora del documentario, la decana del cinema del reale. Aveva 93 anni, gran parte dei quali vissuti pericolosamente, con una macchina fotografica e una cinepresa incollate al braccio, sempre in prima linea per raccontare, lo sguardo acuto, l’occhio affilato e penetrante, la accecante vivida complessità del presente.

Dalle saline di Lipari ai ragazzi di vita di Pasolini, passando per i canti funebri salentini e i ritratti dei personaggi illustri (indimenticabile il volto di Curzio Malaparte sul letto d‘ospedale, in punto di morte) per arrivare alle lotte operaie e alla rivoluzione vietnamita, Cecilia Mangini si era imbattuta spesso nei territori, reali e metaforici, della Sardegna. Ne era rimasta affascinata fin dal primo giorno, quando, chiamata a documentare i lavori di ammodernamento della Strada Statale 131, era arrivata in un’Isola “ancora vergine, invasa da un profumo intenso e macchie di colore che con il tempo sono diventati elementi fondamentali del mio ricordo”. Il dialogo con la terra sarda è stato costante.

Qui Cecilia Mangini ha girato “Ring Sardegna”, seconda parte di “Domani vincerò”, pellicola dedicata al pugilato inteso come possibilità di riscatto sociale da parte dei giovani. Un viaggio dentro la Barbagia, in Sardegna, tra i pastori che si allenano correndo dietro le pecore anche per trenta chilometri al giorno per inseguire una passione mortificata dal disinteresse della comunità locale.

Qui è tornata, nel 2017, chiamata dall’ISRE, l’Istituto Superiore Regionale Etnografico, per presentare “Isole”, resoconto visivo del suo primo reportage di viaggio a Lipari e Panarea.
Raccontava la fotografia, Cecilia Mangini, qualcosa di profondamente diverso dall’immagine. Per questo odiava i telefoni cellulari e le loro videocamere, che restituiscono un riflesso “usa e getta”,

Con Cecilia Mangini se ne è andato un pezzo del Novecento. Saluta la vita il 21 gennaio, nel giorno dei cent’anni della nascita del PCI. Di quella ricorrenza l’unica testimonianza filmata sono trenta minuti di repertorio, ritrovati proprio da lei, Cecilia Mangini, durante la lavorazione di “Allarmi siam fascisti” e rimasti per decenni nel cassetto

Nonostante l’età, Cecilia Mangini continuava a credere nel futuro. Faceva programmi a lungo termine con il suo inseparabile, affezionatissimo compagno di viaggio, il regista Paolo Pisanelli. L’ultimo lavoro lo avevano appena ultimato insieme, in Sardegna: “Grazia Deledda, la rivoluzionaria”, documentario voluto e interamente prodotto dall’ISRE, che mette in assonanza due spiriti ribelli. “Ho letto Grazia Deledda da giovanissima e ne ho subito apprezzato il coraggio, la sua voglia di osare” diceva Cecilia Mangini. “Grazia Deledda, la rivoluzionaria” racconta Paolo Pisanelli “è un viaggio cinematografico per scoprire attraverso documenti e manoscritti inediti il mondo della scrittrice ed etnografa sarda, Grazia Deledda, prima italiana a ottenere il Premio Nobel per la Letteratura (nel 1926), che impone al mondo il suo percorso creativo di artista e di donna.

“Grazia Deledda, la rivoluzionaria” è una produzione Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna (ISRE) in associazione con OfficinaVisioni.

Nel 1968 con l’Istituto Luce la Mangini descrisse la Sardegna partendo dalla nuova autostrada che attraversando l’isola da nord a sud avrebbe permesso uno scorrimento più veloce e sicuro della circolazione.

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