Emanuela Corda è candidata alle elezioni comunali di Cagliari 2024 con la lista Alternativa. Un soggetto politico che intende rompere le catene del bipolarismo, dotando elettori ed elettrici di una “alternativa” valida a cui affidare idee, rimostranze e sostegno.
Corda non è nuova nell’agone politico cagliaritano. Nel 2011 si distinse come candidata sindaca di un giovanissimo Movimento 5 Stelle, raccogliendo il 2%. Poi è stata parlamentare per due legislature consecutive, lavorando in diverse commissioni e acquisendo le competenze e la credibilità per riproporsi ai suoi concittadini.
A Cagliaripad, Emanuela Corda racconta la genesi della sua candidatura e l’idea di governo per la città.
Cosa l’ha spinta a riproporsi e a candidarsi?
Vengo da una esperienza parlamentare abbastanza importante. Sono entrata nel 2013 col mio ex Movimento e poi nel 2021 sono stata costretta ad uscire perché avevo votato contro il governo Draghi. Che poi ha dato il via ad un’era che definisco delle “leggi liberticide”. Dalle armi in Ucraina all’obbligo vaccinale, dal decreto semplificazione che ci riempirà di pale eoliche. Come gruppo di Alternativa, noi ci siamo opposti. Abbiamo fondato questo soggetto politico per organizzarci all’interno del Parlamento. Oggi continuiamo la nostra battaglia ripartendo dai territori. Essendo la presidente nazionale ho deciso di impegnarmi in prima persona nella mia città, che amo e per la quale ritengo ci sia bisogno di un cambio di passo che riparta dalle modalità con le quali ci si approccia alla politica.
Già nel 2011 si candidò a sindaca. Cosa si porta dietro da quella esperienza e com’è cambiata lei da allora?
Quella esperienza la ricordo con molta gioia, era la mia prima esperienza politica. Avevo deciso di fare questo percorso con persone semisconosciute ma coraggiose. In Sardegna, il Movimento non lo conosceva nessuno. Feci una attività scoraggiata persino dai miei genitori, facevo la libera professione e quindi era tutto volontariato puro. Nell’accezione più positiva. Ottenemmo un discreto 2% che, per essere la prima esperienza, ci aiutò a mettere in moto le successive battaglie. Come sono cambiata? Ho continuato a fare attivismo, in 10 anni in Parlamento ho imparato tantissimo. Ritengo sia fondamentale riuscire a maturare l’esperienza necessaria per capire come si muove una istituzione. Sono stata presidente di una bicamerale importante, quella per le questioni regionali. Sono stata capogruppo in commissione Difesa.
Come trova la Cagliari di oggi e qual è la sua Alternativa?
La città in sé è meravigliosa. A livello nazionale e del Mediterraneo, grazie alla sua ubicazione, è una delle realtà più vivibili. Purtroppo in questi ultimi anni ha avuto una involuzione dovuta alle scelte caotiche fatte a livello amministrativo. Le periferie versano in una condizione terrificante. In centro, partendo da via Sonnino, la situazione è drammatica. Sono stati aperti una marea di cantieri in tutta la città senza un piano organizzato, programmato, a livello urbanistico e di viabilità, che hanno creato problematiche e inconvenienti difficilmente sanabili nell’immediato. Penso agli ingorghi che ogni giorno partono da piazza Deffenu a viale La Playa. Ma non solo, anche per chi entra dalla Città Metropolitana. Questo è accaduto perché le cose si fanno sempre all’ultimo momento, in emergenza. E in maniera cialtronesca. Senza dimenticare la mancanza di parcheggi, con tutta la città che sosta davanti alla sede del comune di Cagliari senza potersi muovere poi la sera. Se non hai un parcheggio tuo, da via Sonnino o vie limitrofe, poi non puoi tornare a casa. È così in tutti i quartieri. La Marina è un caos, sanitario e di sicurezza. Non passa più l’idropulitrice, non vengono puliti i tombini, le strade sono un letamaio. La raccolta differenziata è un disastro perché non c’è nessun controllo.
Quali saranno le priorità del vostro programma?
La città è divisa in sezioni separate. Non è un unicum che vive in armonia, con scambi tra i vari quartieri. Le periferie sono completamente abbandonate. San Michele è terra di nessuno. Un non luogo. Non c’è nulla che funzioni. Hanno marciapiedi devastati, piazze devastate, edifici abbandonati che sono luoghi di spaccio e prostituzione. La prima cosa che dobbiamo fare è ricostituire quel rapporto con la cittadinanza che si è perso. Farsi vedere, fare un bel giro in tutti i quartieri con un team di persone preparate. Verificare tutte le criticità, parlare coi cittadini e fare un piano per quelle che sono le emergenze. Se c’è un quartiere che sembra l’ultimo bombardato di Beirut, bisogna andare lì e iniziare a ripristinare tutto ciò che è degrado, decoro urbano che non esiste più, sicurezza. Bisogna creare un rapporto, una sinergia più forte con la prefettura, con le forze dell’ordine e costituire delle unità civiche di controllo. Il territorio va presidiato. Le nostre piazze sono diventate luoghi di spaccio e bivacco. Ecco perché servono dei regolamenti contro il bivacco da applicare. Quindi serve una comunicazione forte e decisa per far capire che il sindaco è presente, che l’amministrazione è presente. E che le regole le devono rispettare tutti. Questa comunicazione è mancata, in particolare con le attività del terzo settore. Dobbiamo mettere in comunità tante realtà che si trovano scollate e lontane anni luce dall’amministrazione.
Qual è la differenza tra lei e gli altri candidati sindaci?
Non è una questione personale. Il problema è di metodo. Viviamo un’epoca buia da questo punto di vista: viviamo un bipolarismo imposto dall’alto che si autoconservando e blindando da sé. Penso alle leggi elettorali. Sono inconstituzionali, escludenti, antidemocratiche. Le piccole formazioni politiche sono costrette comunque a raccogliere centinaia di firme, mentre chi sta lì dentro dà appoggio ad una marea di liste civetta con grande facilità. Questo non va bene. Non aiuta la democrazia. Più proposte ci sono, e meglio è. Il nostro punto di forza è l’essere noi: un programma, una forza politica che rappresenta molte aree della città. Una lista costruita con grande raziocinio, con molta sostanza. Il fatto di essere da soli è un punto fortissimo. Gli altri, dovessero andare ad amministrare, dovranno fare i conti con otto mila partiti e partitini che tireranno la coperta da tutte le parti. Questo dipende da un bipolarismo malato, che si sta blindando.
Da sindaca, nel caso in cui dovesse essere eletta, quale sarebbe il suo modello di governo?
Non mi piace fare nomi. Penso ai progetti, alle idee che vengono portate avanti. Se dovessi diventare sindaca, non sarà Emanuela Corda a portare avanti l’amministrazione ma Alternativa e tutta la comunità che rappresenta. Mi ispiro ad un modello partecipato, ad un modello che coinvolga realmente la cittadinanza. Penso sia quello il modello vincente. Chi si presenta come uomo solo o donna sola al comando, non risolve un bel niente.
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