“Identità, territorio e formazione: il modello Athletic Club come stimolo per il calcio sardo”, è il titolo dell’accurato lavoro di ricerca svolto per la tesi di Laurea Magistrale in Management dello Sport da Marco Maludrottu, 26 enne di Olbia, laureatosi presso l’università di Bologna. Questa ricerca è stata svolta sotto l’egida guida di Alessandro Piras (nato a Villagrande Strisaili), professore associato presso l’università di Bologna dove insegna fisiologia applicata all’esercizio e teoria e didattica degli sport di squadra.
Entrambi hanno parlato ai nostri microfoni di Cagliaripad per spiegarci nel dettaglio in cosa consiste questo lavoro di ricerca e come il modello della squadra calcistica basca possa essere applicato e replicato nel calcio sardo.
Come nasce l’idea del tuo lavoro di ricerca e come l’hai sviluppato?
È nato tutto verso la fine del 2024, quando sono venuto a conoscenza della filosofia dell’Athletic Club di Bilbao e ho pensato alla proposta di un modello simile in Sardegna, “colpa” di ciò che mi piace chiamare pensiero “sardo-centrico”. Dovendo scrivere la tesi di Laurea Magistrale in Management dello Sport, ho sentito fin da subito che sarebbe stato il giusto argomento a cui dedicare tutto me stesso e a luglio 2025 mi sono laureato presso l’Università di Bologna discutendo la tesi dal titolo: “Identità, territorio e formazione: il modello Athletic Club come stimolo per il calcio sardo”. Sono stati 6 mesi di ricerca in cui mi sono documentato con libri, riviste, video e, soprattutto, con interviste e racconti degli addetti ai lavori.
Cosa intendi quando dici di avere un pensiero “sardo-centrico”?
Tutto il bello che vedo e vivo fuori dalla Sardegna lo proietto automaticamente sull’isola. Sono molto legato alla nostra terra e alle sue tradizioni: mio padre è un chitarrista di canti sardi di professione, ha esordito sui palchi dell’isola a 13 anni e io non ho potuto che vivere fin da piccolo un contesto ricco di valori che mi piacerebbe vedere sempre più esaltati. Allo stesso tempo ho studiato 5 anni tra Parma e Bologna: la distanza da casa ha sicuramente accentuato questa ricerca di pensiero.
In cosa consiste il modello dell’Athletic Club?
L’Athletic Club dal 1913 schiera in campo solo ed esclusivamente giocatori provenienti dalla propria regione, i Paesi Baschi. All’interno di uno dei centri sportivi più all’avanguardia d’Europa il club cresce i ragazzi e le ragazze baschi sul doppio binario sportivo e formativo e vanta l’affiliazione con oltre 180 società del territorio, a cui trasmette procedure metodologiche e sussidi che danno vita a un circolo virtuoso senza eguali: nonostante la sua politica autarchica il club compete ai massimi livelli del calcio spagnolo ed è la terza squadra più titolata di Spagna, dietro solo al Real Madrid e al Barcellona.
In che modo questo modello può essere applicato alla Sardegna?
Il Cagliari Calcio ha già un sistema di affiliazioni e metodologie che ricordano quelle dell’Athletic; anche a Sassari e Alghero si svolge un lavoro importante così come lo è stato a Olbia per tanti anni. Questa mentalità andrebbe allargata, sostenuta e condivisa in tutta l’isola per creare un sistema sinergico regionale che possa tenersi in vita autonomamente formando, attraverso lo sport, uomini e donne del futuro e talenti sportivi, risorse preziose che le squadre sarde più rappresentative potrebbero attingere dal proprio territorio.
Quali sarebbero i benefici che il Cagliari avrebbe applicando un modello come quello dell’Athletic Club di Bilbao?
Innanzitutto chi arriva in prima squadra corona il sogno di una vita e gioca per la sua squadra del cuore: tutti i giocatori dell’Athletic sono tifosi in campo, un fattore che tendenzialmente sopperisce a fatica e limiti tecnici. Guardando al Cagliari, una tale filosofia richiederebbe un maggiore sforzo economico sull’attività di base e di settore giovanile, ma permetterebbe di abbattere i costi sull’acquisto dei cartellini e di generare eventuali plusvalenze da poter reinvestire nel circuito. È difficile, soprattutto nel breve periodo, pensare a un Cagliari di soli sardi ma, per esempio, si potrebbe fissare l’obiettivo di avere tre calciatori sardi – o comunque cresciuti nel vivaio – nelle formazionititolari rossoblù del futuro. Analizzando le ultime dieci stagioni del Cagliari, la squadra ha ottenuto le migliori posizioni in classifica nelle stagioni in cui ha fatto scendere in campo il maggior numero di sardi in squadra (12° posto nel 2016/17 e 14° nel 2019/20). Il risultato di quanto l’identità possa influenzare le aspirazioni, le scelte e la motivazione, portando a risultati migliori.

Crede che questo vostro lavoro possa fare da monito per le future generazioni di atleti sardi e per le stesse società calcistiche isolane? (Domanda al prof. Alessandro Piras)
Credo, e spero innanzitutto, che questo nostro lavoro scientifico possa avere un impatto positivo non solo nel calcio, ma anche nello sport sardo in generale. Il modello Athletic ci ha servito come gruppo di controllo, come previsto dal metodo scientifico, per valutare eventuali correlazioni e apportare le correzioni necessarie al nostro “gruppo sperimentale”. L’idea che le società sportive dilettantistiche si dedicano a portare avanti un progetto focalizzato sui giovani e per i giovani rappresenta per noi il giusto riconoscimento. Tutti dobbiamo impegnarci affinché i nostri atleti possano vivere in un ambiente sportivo che favorisca lo sviluppo del talento. Molti fattori contribuiscono alla crescita e al successo degli atleti; tuttavia, uno dei più importanti, che influisce sugli atleti a tutti i livelli, è la qualità dell’ambiente di allenamento. C’è ancora molto da fare, ma personalmente credo che siamo sulla strada giusta.
Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it






