È incostituzionale il commissariamento straordinario delle aziende sanitarie previsto dalla legge di riorganizzazione del sistema sanitario approvata dal centrosinistra in Sardegna. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che, con una sentenza depositata oggi, ha accolto il ricorso presentato dal Governo, censurando due passaggi chiave della normativa regionale varata nel marzo 2025.
Nel dettaglio, la Consulta ha dichiarato illegittimi gli articoli 6 e 14 della legge. Il primo, relativo alla possibilità per il nuovo direttore generale di confermare o sostituire, entro 60 giorni, i vertici amministrativi e sanitari delle aziende, è stato ritenuto in contrasto con l’articolo 97 della Costituzione. Secondo i giudici, la norma viola i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione perché introduce un elemento di discrezionalità eccessiva, consentendo la cessazione anticipata degli incarichi dirigenziali senza un’adeguata valutazione procedimentale delle ragioni interne al rapporto.
Anche la disposizione che prevedeva il commissariamento generalizzato delle Asl, delle aziende ospedaliere e di quelle ospedaliero-universitarie è stata bocciata. In questo caso, la Corte ha ravvisato la violazione dell’articolo 117 della Costituzione in materia di tutela della salute. Il meccanismo delineato dalla legge regionale, che collegava automaticamente l’insediamento del commissario straordinario alla risoluzione del rapporto con il direttore generale in carica, è stato giudicato in contrasto con i principi fondamentali fissati dal decreto legislativo n. 171 del 2016.
La normativa statale, infatti, non contempla il commissariamento straordinario generalizzato tra le ipotesi che consentono alla Regione di dichiarare l’immediata decadenza dei vertici delle aziende sanitarie. Una decisione che ridisegna il quadro della riforma sanitaria sarda e riapre il confronto politico e istituzionale sul futuro assetto del sistema regionale.
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