“Laboratori di Rinascita” è l’iniziativa destinata alle donne private della libertà per favorire il controllo delle emozioni e l’aggressività. Promosso dall’associazione Socialismo Diritti Riforme, in collaborazione con la Direzione della Casa Circondariale di Cagliari-Uta e dell’Area Educativa, il progetto, avviato nel 2020, si articola in sei appuntamenti a cadenza mensile.

Ideati da Maria Cristina Deidda, oncologa palliativista, e Cristina Muntoni, docente di Storia della sacralità femminile nella Scuola di Arteterapia, gli appuntamenti, con il coinvolgimento di altre quattro professioniste, prevedono l’utilizzo di diverse forme d’arte e comunicazione. Il programma, che sarà inaugurato domani pomeriggio, si avvarrà infatti di tecniche di arteterapia, musicoterapia, passi di afrodanza, meditazione con tecnica Osho, tecniche di scrittura rituale e percorsi di rilassamento anche con l’ausilio di cimbali e oli essenziali. Nel progetto è previsto anche  il coinvolgimento delle funzionarie giuridico-pedagogiche e delle Agenti della Polizia Penitenziaria, oltre alle volontari.

 “Il programma  – ha spiegato Maria Cristina Deidda – promuove la capacità di vivere il disagio personale evitando di trasferirlo sulle altre persone. L’esperienza del dolore e della frustrazione ha spesso risvolti autolesionistici ma talvolta la persona può trasformarsi da vittima in carnefice. L’ansia quindi diventa rabbia e aggressione verbale e/o fisica. Riteniamo che l’esperienza della nostra équipe, che lavora nel Day Service di Cure palliative e terapia del dolore nell’Ospedale San Giovanni, possa essere utile in un contesto detentivo dove il disagio è innegabile”.

“Poter contare sul contributo di persone altamente qualificate con una proposta innovativa di approccio alle problematiche delle detenute  – ha sottolineato Marco Porcu, direttore della Casa Circondariale di Cagliari-Uta – è per l’Istituto un’occasione importante. Il nostro agire infatti è spesso reso difficile proprio dalle difficoltà che incontrano le donne nella condizione di perdita della libertà. È un progetto ambizioso che inciderà sicuramente in modo positivo in un ambiente dove i conflitti e il disagio psicologico e sociale sono molto marcati”.

“La realtà femminile nelle carceri – evidenzia Paola Melis, presidente di SDR – è particolarmente problematica per diversi fattori. Nelle donne private della libertà è molto  presente il senso di colpa e la preoccupazione per i figli e/o il marito. Anche la scarsa possibilità di avvalersi di corsi di formazione professionale e/o del  lavoro esterno aggrava il senso di frustrazione. Imparare a gestire il disagio è sicuramente uno strumento utile per le detenute, ma anche per chi come le funzionarie giuridico-pedagogiche e le agenti condividono con loro spazi e tempi”.

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