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“Il sequestro da parte della Procura di Cagliari di circa 400 tonnellate di formaggio Fiore Sardo, principalmente prodotto da caseifici industriali, dà un primo segnale che conferma ciò che noi pastori, produttori artigianali e custodi di una millenaria arte casearia, andiamo dicendo da anni: il fiore sardo per rispettare il primo e fondamentale parametro del latte crudo (coagulazione a temperatura di 34/36 gradi) non può essere prodotto dall’industria”.

E’ quanto si legge in una nota dei produttori di Fiore sardo artigianale in seguito al sequestro, effettuato dalla Procura di Cagliari, in otto caseifici industriali della Sardegna, che ha rimesso al centro dell’attenzione l’annosa questione sul rispetto del disciplinare di produzione del Fiore Sardo, una delle tre Dop sarde, relativamente all’uso di latte termizzato nella caseificazione.

“Ci lascia basiti la giustificazione, che apprendiamo dalle cronache, portata in procura, come rimedio peggiore del male, che il problema derivi dalla fase della scottatura nella quale il formaggio verrebbe immerso nella scotta (residuo caldo della produzione della ricotta) sino a tre ore – scrivono i produttori artigianali del Fiore Sardo -. Nessun pastore ha mai eseguito la scottatura in immersione della forma nella scotta bollente per un tempo così lungo. Le forme appena fatte, al fine di renderne liscio il contorno e di indurire la crosta, vengono asperse con la scotta (o acqua calda) attraverso una caraffa o altro recipiente che possa essere usato per il pescaggio del liquido residuo in caldaia eseguendo una sorta di lavaggio della forma (si veda la foto allegata). Lo abbiamo affermato in più occasioni, anche a livello istituzionale e ora finalmente pare aprirsi uno spiraglio giudiziale che ripaghi i nostri sforzi nel resistere a produrre il nostro formaggio secondo i dettami che i nostri padri e i nostri nonni ci hanno tramandato e come il disciplinare della Dop impone. Siamo sempre più convinti, pur nel rispetto del ruolo e dei tempi della magistratura, che sia giunto il tempo affinché il formaggio dei pastori per antonomasia, torni ad essere prodotto esclusivamente nei caseifici aziendali ospitati all’interno dei nostri ovili. Ed giunto il tempo che anche la Regione Sardegna lo riconosca, per tutelare e difendere il più importante presidio lattiero caseario sardo, simbolo culturale e storico. Ora, circa il 70% della produzione e la conseguente tutela della Dop è in capo all’industria, un paradosso: il formaggio dei pastori è diventato degli industriali. Confidiamo che la magistratura, supportata dalla scienza, possa finalmente porre un punto fermo sulla questione latte crudo, restituendo a noi pastori e a tutti i sardi ciò che è sempre stato nostro. Il fiore sardo è dei pastori”.

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