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“Hanno tra i 13 e i 15 anni e si vantano sulle storie di Instagram (ma non solo) di fare parte della pseudo baby gang di Genneruxi. Cresciuti con videogiochi PEGI 18 come GTA 5 e Call of Duty, e soprattutto con serie TV che inneggiano alle trasgressioni (Narcos, Gomorra, Suburra, etc), riproducono nella realtà quanto hanno vissuto e sperimentato nel virtuale: alcool, droghe, spaccio ma anche e soprattutto derisioni, risse e devastazioni di luoghi pubblici. Dopo l’iniziale avvio di carriera caratterizzato dal prendere in giro chi è “diverso” perché più debole e vulnerabile, si vantano ora di compiere atti vandalici e di picchiare coetanei, adulti e anziani anche con tirapugni. Sono il 2.0 del bullismo, l’evoluzione naturale di una devianza non più controllata dagli adulti che li porta, come nei videogame, verso il successivo livello di difficoltà: la formazione della baby gang”.

La denuncia arriva a da Luca Pisano, Psicologo psicoterapeuta e Direttore Osservatorio Cybercrime Sardegna, a proposito di una presunta baby gang formata nel quartiere di Genneruxi da ragazzini cagliaritani e filippini.

“Provenienti da contesti in cui l’estrazione sociale è medio alta, rappresentano sostanzialmente l’incarnazione di quei comportamenti devianti promossi da youtuber, streamer, videogame, serie tv, musica rap, trap e raggaeton, che nel loro insieme costituiscono una vera e propria subcultura digitale. Una struttura della modernità in cui i giovani sono inseriti e che tende a oggettivare pensieri e comportamenti, dissolvendo in molti casi la soggettività. Subcultura che trasmette, nella sua versione deviante, un messaggio ridondante: trasgressioni e discontrollo delle emozioni sono la normalità mentre legalità e giustizia rappresentano la devianza”.

Secondo l’esperto di problematiche giovanili, la situazione non è solamente il risultato dell’inadeguatezza dei genitori. “Un importante mito da sfatare è che la famiglia sia l’unica o la più importante causa dei comportamenti trasgressivi manifestati dai giovani afferma -. Non è cosi. Con l’esplosione della tecnologia digitale e la possibilità di rimanere sempre connessi, numerose aziende hanno sviluppato migliaia di applicazioni per gestire social network, messaggistica e live. Un nuovo mondo di stimoli digitali, spesso sconosciuto ai genitori, che accompagna il percorso di crescita degli adolescenti, i più giovani della Generazione Z, e che influenza il loro modo di pensare e sentire la realtà. Si tratta dunque di un problema soprattutto sociale – non solamente familiare – rispetto al quale i politici che amministrano la città metropolitana devono fare uno sforzo: smettere di dare la colpa ai genitori e alla pandemia, cessare di ripetere, al fine di normalizzare la gravità, che è un problema presente in tutte le grandi città, e imparare a collaborare con chi (Osservatorio Cybercrime Sardegna, IARES Acli, Lions Club,) da anni studia il problema e offre soluzioni scientifiche. Presto troveremo radicate le Baby Gang nel territorio se il dott. Truzzu e gli altri sindaci della città metropolitana di Cagliari non seguiranno le indicazioni metodologiche della Carta di Piazza Yenne”.

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