Raccontare una partita può trasformarsi, in pochi istanti, in un esercizio di equilibrio umano e professionale. Lo sa bene Massimo Callegari, che in un’intervista a Cronache di Spogliatoio è tornato su uno dei momenti più complessi della sua carriera: l’annuncio della morte di Gigi Riva, arrivato a ridosso della finale di Supercoppa Italiana del 2024 a Riad.
La notizia della scomparsa dell’icona del Cagliari e della Nazionale italiana giunse infatti a una manciata di minuti prima del calcio d’inizio, cogliendo di sorpresa tutti. “La notizia arriva uno o due minuti prima del calcio d’inizio. Quindi in un momento per noi di alimentare il pathos della partita, un momento difficilissimo anche dal punto di vista del tono” racconta Callegari. “Parliamo di un simbolo nazionale, amato da tutti, quindi una figura che supera ogni confine di tifo”.
A complicare ulteriormente il contesto fu il minuto di silenzio osservato allo stadio di Riad. Dagli spalti arrivarono fischi che, agli occhi del pubblico italiano, apparvero come una mancanza di rispetto. Callegari ha spiegato come quel momento vada letto anche attraverso la lente delle differenze culturali. Nella tradizione araba, infatti, il rapporto con la morte e con la commemorazione è profondamente diverso rispetto a quello occidentale.
“Con Marco Foroni avevamo letto una policy di una grande tv straniera che diceva come affrontare certe situazioni. Nessun tipo di giudizio o espressione su temi religiosi, di genere o legati alle etnie. Noi viviamo il momento della morte in silenzio, ma la cultura araba lo vive in maniera opposta e quindi in Italia percepisci quello come una mancanza di rispetto. Siamo a casa loro ma è una cosa che riguarda noi, quindi tutti hanno le ragioni da mettere sulla bilancia. In quel momento lì non bisogna sentirsi di giudicare“.
Secondo Callegari, dunque, la chiave è stata proprio evitare qualsiasi forma di valutazione. Il minuto di silenzio riguardava una figura centrale per il calcio italiano, ma si svolgeva in un contesto culturale diverso, che ha reagito in un modo lontano dalla cultura occidentale, ma non per questo irrispettoso. Al tempo l’episodio fu al centro di polemiche, soprattutto da parte di chi non ha mai gradito portare le competizioni italiane in paesi arabi. Soltanto in seguito fu chiarito il malinteso e le polemiche si sono sciolte.
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